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L’appello del Sindaco Raffaele Cucchi: “I negozi di vicinato devono riaprire!”

Comunicato stampa del 9 aprile 2021



La curva epidemiologica parabiaghese (consultabile qui sotto la voce aggiornamento 9 aprile 2021), oggi sembra dare la speranza che sia iniziata una diminuzione dei contagi Covid-19, il grafico degli aggiornamenti segnala, infatti, per la Città di Parabiago, una flessione discendente. Un motivo per non temere la riapertura dei negozi di vicinato che stanno soffrendo una pressione notevole dovuta alla chiusura prolungata che perdura da più di un anno. Una situazione che, soprattutto da un punto di vista economico, comporta preoccupazioni di impoverimento del tessuto commerciale e produttivo locale, ma anche di sostentamento delle famiglie coinvolte con conseguenze, a volte, drammatiche per la salute psicofisica di chi non riesce a far fronte alle spese di tutti i giorni. Quindi un depauperamento anche sociale con aumento di bisogni assistenziali. Da qui le considerazioni e l'appello del Sindaco Raffaele Cucchi che invita i governanti a ragionare con buon senso e dare la possibilità di riavviare le attività dei negozi di vicinato nei centri urbani:


“Ci siamo impegnati con determinazione e notevole impegno sin dall’inizio di questa emergenza sanitaria -dichiara il Sindaco Raffaele Cucchi- abbiamo attivato tutte le misure, i controlli e la gestione locale di questa pandemia, non sempre abbiamo riscontrato coerenza nelle linee da seguire, ma lo abbiamo fatto e la maggior parte dei cittadini parabiaghesi lo hanno fatto assieme a noi amministratori. Siamo in questa situazione da più di un anno, siamo stanchi e intolleranti, ma teniamo duro comunque. Oggi la curva dei contagi della nostra città fa ben sperare l’inizio di una fase discendente, forse è il caso di avviare una riapertura! Fortunatamente in questi giorni sono state riaperte le scuole per alcune fasce di età, ma ancora non si ha il coraggio di riaprire i punti di vendita al dettaglio che stanno subendo una vera ingiustizia. Non poter vendere ha una ripercussione in termini di reddito su chi ha investito in un’attività rischiando in proprio: dietro a ogni attività locale ci sono famiglie che hanno mutui da pagare, figli da crescere e magari anche persone fragili da accudire.”.


L’appello di Cucchi non si ferma, ma riporta l’attenzione a una situazione che sta davvero preoccupando gli amministratori locali: “Non si comprende come mai gli store online vengono considerati luoghi sicuri nella prevenzione della diffusione del Covid, mentre, nei centri urbani, un negozio di vicinato che comporta un’affluenza di solo alcune persone al giorno, sì: la vendita online comporta attività vere e proprie, magazzini da gestire, logistica e corrieri. Pertanto, se tutta questa filiera viene considerata ‘sicura’, come mai il lavoro dei negozianti no?

Un negozio di vicinato che riapre garantendo le misure di distanziamento che abbiamo applicato fino ad oggi -sottolinea con fermezza Cucchi- non avrebbe alcuna incidenza sul rischio di assembramento. Inoltre, ricordiamolo: i negozi di vicinato danno lavoro non solo alle persone inserite nel comparto, ma anche alle aziende artigiane e alle piccole/medie attività produttive italiane. Certo, occorre avere il coraggio di evitare l’apertura dei centri commerciali che sono, invece, luogo artificiale e chiuso, non propriamente idoneo per contenere la diffusione della pandemia.”.


Un appello condiviso anche dal Presidente di Cofcommercio Associazione Territoriale di Legnano, Paolo Ferrè: “Mi trovo perfettamente d’accordo con il Sindaco della Città di Parabiago, Raffaele Cucchi, ricordando che, al termine della precedente ondata, ai negozi di vicinato è stata data l’aspettativa che, se avessero fatto una serie di investimenti per garantire il distanziamento, avrebbero potuto tenere aperta la propria attività. Oltre a ciò, aggiungo alle osservazioni già sollevate, anche l’ingiustizia che stanno vivendo gli ambulanti che sono a tutti gli effetti commercianti, oltretutto operando all’aperto garantiscono maggior sicurezza per il contenimento del contagio, ma non si comprende perché possano lavorare solamente gli alimentari.”.

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